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Abstract: Uno dei temi al centro del dibattito scientifico-politico italiano sulla tanto auspicata riforma degli ammortizzatori sociali di rafforzare ed estendere gli strumenti esistenti, ma ponendoli effettivamente in stretto collegamento con le politiche attive gestite a livello locale. Il raggiungimento di tale obiettivo assume in Italia un risvolto in primo luogo istituzionale. Infatti, sebbene in passato l’ordinamento nazionale appaia intessuto da norme tendenzialmente congruenti, nel concr ...; [Read more...] Uno dei temi al centro del dibattito scientifico-politico italiano sulla tanto auspicata riforma degli ammortizzatori sociali di rafforzare ed estendere gli strumenti esistenti, ma ponendoli effettivamente in stretto collegamento con le politiche attive gestite a livello locale. Il raggiungimento di tale obiettivo assume in Italia un risvolto in primo luogo istituzionale. Infatti, sebbene in passato l’ordinamento nazionale appaia intessuto da norme tendenzialmente congruenti, nel concreto, l’erogazione dei sussidi di disoccupazione, non appaiono ancora inspirati ai canoni del cosiddetto workfare. Pertanto, è indispensabile agire sull’attuale assetto organizzativo ed istituzionale, difficilmente compatibile con una razionale gestione di un riformato sistema di ammortizzatori sociali. Per verificare tale ipotesi l’Isfol sta svolgendo una apposita indagine rivolta ad indagare le sperimentazioni avviate di collaborazioni tra Inps e Centri per l’impiego (Cpi), aventi ad oggetto la creazione di strutture integrate (Centri integrati per l’impiego). Le prime conclusioni indicano che, seppure le sperimentazioni avviate siano poco numerose e concentrate in determinate aree territoriali, i Centri integrati possno offrire utili indicazioni alle prospettive di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, anche alla luce della recente approvazione della legge n. 247/2007 che conferisce un nuovo mandato all’Esecutivo per l’intervento in materia.

Abstract: Cosa differenzia una donna che compie una scelta intenzionale di vita da un’altra che sceglie per caso o per necessità percepita? La proposta di lettura psicosociale dell’inattività femmile che qui viene presentata ipotizza che il fattore “intenzione” possa giocare un ruolo chiave nell’orientamento della donna al lavoro. La finalità è coniugare ricerca sociale e progettazione di attività di assistenza tecnica, e l’obiettivo è sia operativo, sia metodologico: individuare tipologie di do ...; [Read more...] Cosa differenzia una donna che compie una scelta intenzionale di vita da un’altra che sceglie per caso o per necessità percepita? La proposta di lettura psicosociale dell’inattività femmile che qui viene presentata ipotizza che il fattore “intenzione” possa giocare un ruolo chiave nell’orientamento della donna al lavoro. La finalità è coniugare ricerca sociale e progettazione di attività di assistenza tecnica, e l’obiettivo è sia operativo, sia metodologico: individuare tipologie di donne da sostenere in via prioritaria, e mostrare come progettare attività a loro rivolte a partire dagli esiti della ricerca e dai modelli teorici. L’analisi si incentra su lavoratrici a intenzione forte, che costituiscono il gruppo-modello; lavoratrici a intenzione debole, a rischio di inattività; inattive involontarie, che aspirano ad entrare nel mercato del lavoro; donne inattive che non sono consapevoli di essere positivamente orientate verso il mondo del lavoro. Il processo di analisi seguito è il seguente: rilevazione diretta della intenzionalità della scelta (scelta dichiarata); rilevazione indiretta della intenzionalità della scelta, attraverso l’analisi di indicatori indiretti (scelta rilevata); distinzione tra intenzione forte e debole; rilevazione della coerenza tra dichiarato e rilevato; selezione e analisi dei target; conclusioni e indicazioni per l’utilizzazione pratica dei modelli teorici. Teoria dell’attribuzione causale, modelli interpretativi originali e teoria della dissonanza cognitiva hanno sostanziato tale processo. Lo studio è una rielaborazione di un contributo dell’autrice contenuto nell’Indagine sui fattori determinanti l’inattività femminile, ancora in fase di pubblicazione. L’indagine campionaria e multidisciplinare è stata condotta nel 2007 attraverso la somministrazione di un questionario, con tecnica CATI, ad un campione di 6.000 donne nella fascia d’età 25-45 anni.

Abstract: Le politiche di conciliazione vita-famiglia non sono semplici politiche di sostegno ai nuclei familiari, con finalità prettamente ed esclusivamente "sociali", ma sono politiche di sviluppo in senso proprio e, in quanto tali, in grado di incidere sui livelli occupazionali delle donne, sulla crescita economica e sociale di un territorio aumentando la base produttiva, producendo equità e benessere, mediante redistribuzione del reddito e miglioramento della qualità della vita. Questo Studi ...; [Read more...] Le politiche di conciliazione vita-famiglia non sono semplici politiche di sostegno ai nuclei familiari, con finalità prettamente ed esclusivamente "sociali", ma sono politiche di sviluppo in senso proprio e, in quanto tali, in grado di incidere sui livelli occupazionali delle donne, sulla crescita economica e sociale di un territorio aumentando la base produttiva, producendo equità e benessere, mediante redistribuzione del reddito e miglioramento della qualità della vita. Questo Studio, nell’evidenziare il nesso stretto tra politiche del lavoro attente al segmento femminile della popolazione e le politiche di welfare, si sofferma su due particolari elementi del complesso di politiche di welfare che possono e devono concorrere a incentivare l’occupazione femminile: le politiche fiscali e quelle previdenziali. L’obiettivo, da un lato, è presentare le principali proposte di riforma fiscale avanzate nell’ultimo anno, dal punto di vista teorico ed empirico, dall’altro suggerire misure suffragate da esperienze già realizzate in ambito comunitario. Lo Studio è stato realizzato a seguito dell’audit richiesta all’Isfol dal Cnel.

Abstract: Lo studio, basato su una rilevazione censuaria (marzo 2008) delle attività dei Centri per l'impiego (CPI), è finalizzato a costruire un modello di osservazione dell’aderenza alla realtà operativa - restituita dai Cpi - del profilo di intervento dei Servizi pubblici per l’impiego in materia di accertamento dello stato di disoccupazione e accesso alle politiche attive, così come disegnato dall’impianto normativo nazionale.

Abstract: Nonostante l'eterogeneità del fenomeno "flessibilità del lavoro", spesso si tende a ridurlo semplicemente ad una delle possibili declinazioni: la precarietà, indicando solo la lettura più deteriore delle sue possibili realizzazioni. Pertanto, lo studio si concentra sull'analisi di questo aspetto particolarmente critico, dandone una nuova definizione e la relativa stima (quantificazione) sezionale (in un istante di tempo) e longitudinale (relativamente a due periodi di tempo).

Abstract: Il processo di riforma del mercato del lavoro ha portato ad una vasta segmentazione dell’occupazione, su più piani e molteplici dimensioni, rendendo sovente gli indicatori ordinari di occupazione e disoccupazione non sufficienti a comprendere il mercato del lavoro in tutta la sua complessità. Questo contributo tenta una ricognizione delle caratteristiche dell’occupazione e delle ricomposizioni in atto nella forza lavoro al fine di misurare se la qualità del mercato del lavoro stia migl ...; [Read more...] Il processo di riforma del mercato del lavoro ha portato ad una vasta segmentazione dell’occupazione, su più piani e molteplici dimensioni, rendendo sovente gli indicatori ordinari di occupazione e disoccupazione non sufficienti a comprendere il mercato del lavoro in tutta la sua complessità. Questo contributo tenta una ricognizione delle caratteristiche dell’occupazione e delle ricomposizioni in atto nella forza lavoro al fine di misurare se la qualità del mercato del lavoro stia migliorando o meno. Si introduce in questo articolo il concetto di falso positivo, cioè di un occupato che formalmente appartiene a un aggregato lavorativo, ma che sostanzialmente svolge un’attività in maniera difforme da quanto previsto dall’istituto contrattuale usato. Ovvero la forma contrattuale e la natura dell’occupazione non coincidono. Inoltre, si produce una stima della occupazione atipica definita secondo alcuni criteri che si discutono e si propongono come nuovi indicatori di mercato del lavoro.

Abstract: Secondo la letteratura, la composizione di genere della forza lavoro nelle diverse occupazioni ha ricadute sui differenziali salariali di genere. Due sono le possibili spiegazioni: da un lato, si pone un processo discriminatorio da parte dei datori di lavoro che, escludendo le donne da particolari lavori, favorisce il concentrarsi delle stesse in altre occupazioni e la conseguente diminuzione dei salari a fronte dell'aumento dell’offerta di forza lavoro femminile verso tali occupazioni ...; [Read more...] Secondo la letteratura, la composizione di genere della forza lavoro nelle diverse occupazioni ha ricadute sui differenziali salariali di genere. Due sono le possibili spiegazioni: da un lato, si pone un processo discriminatorio da parte dei datori di lavoro che, escludendo le donne da particolari lavori, favorisce il concentrarsi delle stesse in altre occupazioni e la conseguente diminuzione dei salari a fronte dell'aumento dell’offerta di forza lavoro femminile verso tali occupazioni. Dall'altro, si considera una tendenza delle donne a selezionare volontariamente particolari lavori: gli uomini, invece, più spesso delle donne, pongono grande importanza sul livello della retribuzione, mentre le donne tendono spesso a cercare occupazioni con una minore retribuzione ma con altre caratteristiche desiderabili che compensino i minori introiti (un importante aspetto riguarda la possibilità di gestire i tempi e gli orari di lavoro in funzione della possibilità di conciliare l’attività professionale con le incombenze familiari). In questo studio, il differenziale salariale di genere viene scomposto in una componente dovuta a differenze nelle caratteristiche tra il collettivo degli occupati e delle occupate e in una componente dovuta a differenze nella retribuzione delle stesse caratteristiche tra gli uomini e le donne. Inoltre, depurando questa seconda componente proprio dagli effetti del processo selettivo sopra descritto, si tenta di quantificare la parte di differenziale salariale dovuta effettivamente a discriminazione da parte dei datori di lavoro nei confronti delle donne.
Le tesi esposte sono state verificate sulla base dei dati relativi all’indagine sui Differenziali Salariali di Genere condotta dall’Isfol nel 2007. L’indagine è parte di un progetto pluriennale di ricerca portato avanti dall’Isfol, rivolto a conoscere gli aspetti determinanti del differenziale retributivo nel nostro Paese.

Abstract: L’indagine Isfol-PLUS è una rilevazione campionaria, presente nel Piano Statistico Nazionale, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione delle istituzioni e dei ricercatori la base informativa necessaria alle analisi del mercato del lavoro italiano, in un’ottica di complementarietà con le fonti nazionali già disponibili (Istat e Inps) e secondo un approccio integrato sulla base di due principali filoni di ricerca, economico e sociologico. L’idea generale è di registrare, nel modo più ...; [Read more...] L’indagine Isfol-PLUS è una rilevazione campionaria, presente nel Piano Statistico Nazionale, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione delle istituzioni e dei ricercatori la base informativa necessaria alle analisi del mercato del lavoro italiano, in un’ottica di complementarietà con le fonti nazionali già disponibili (Istat e Inps) e secondo un approccio integrato sulla base di due principali filoni di ricerca, economico e sociologico. L’idea generale è di registrare, nel modo più accurato possibile, la condizione auto percepita dai soggetti intervistati fa sì che anche la distinzione tra persone in cerca ed inattivi sia differente da quanto adottato in RCFL (Rilevazione continua sulle forze di lavoro) dell’Istat). In particolare: a) si considerano persone in cerca, e quindi attive, alcune tipologie di individui che per l’Istat sono da considerare inattivi b) non si considerano occupati quei soggetti che svolgono una attività lavorativa che non è, in termini economici e secondo la propria percezione, tale da giustificare la loro inclusione in tale categoria (studenti, pensionati da lavoro e casalinghe - lavoratrici/ori saltuari), considerandoli occupati non prevalenti.

Abstract: Lo studio analizza i costi e i benefici del ricorso a "contatti informali" come canale di ingresso nel mercato del lavoro italiano. Utilizzando i dati raccolti attraverso l’indagine Isfol Plus, Participation Labour Unemployment Survey, del 2006, si studia l'impatto dell'uso del canale informale per i lavoratori sulla loro retribuzione, sui costi (tempi) di ricerca e sul fenomeno dell’"over-education". Obiettivo principale dell’analisi è di verificare se l'uso di contatti personali cons ...; [Read more...] Lo studio analizza i costi e i benefici del ricorso a "contatti informali" come canale di ingresso nel mercato del lavoro italiano. Utilizzando i dati raccolti attraverso l’indagine Isfol Plus, Participation Labour Unemployment Survey, del 2006, si studia l'impatto dell'uso del canale informale per i lavoratori sulla loro retribuzione, sui costi (tempi) di ricerca e sul fenomeno dell’"over-education". Obiettivo principale dell’analisi è di verificare se l'uso di contatti personali consente un efficace incontro tra le istanze dei lavoratori e dei datori di lavoro o piuttosto risulta essere la reazione ad un mercato del lavoro inefficiente dove l'uso di canali formali di reclutamento è costosa (anche in termini di tempi di attesa di un lavoro) sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.